La riflessione del nostro animatore spirituale don Lorenzo Celi in questo giorno di S. Giuseppe, festa del papà.

A volte, concentrandosi sulle risposte, ci dimentichiamo dell’importanza delle domande. Domande anche strazianti, destinate a interrogarci tutta la vita: perché il male? Perché oggi, in questo tempo di epidemia di Coronavirus? Perché tante vite spezzate? Una domanda che fa male, perché ci trova sempre impreparati.

Per trovare una risposta devo lasciarmi interrogarmi dal male, come stanno facendo tanti medici e ricercatori, volontari, e anche i nostri ragazzi che hanno promosso una raccolta fondi per debellare questo nemico invisibile. Lo stanno facendo coloro che ci governano, ma anche i malati, lottando contro la Covid-19 con tenacia. Lo stanno facendo gli studenti con i professori nell’impegno quotidiano a non abbandonare l’aula, rendendola reale pur nel virtuale. Lo stiamo facendo come Chiesa, domandaci che testimonianza stiamo offrendo della tenerezza di Dio e della sua vicinanza all’uomo in questo tempo.

Il male ci interroga ma abbiamo la risposta, anche se facciamo fatica a renderla attuale, concreta. La risposta è il bene. Quella che determina il personale sanitario, il bene della vita che pulsa dentro i malati, il bene comune, il bene della solidarietà che muove tanti gesti di volontariato, il bene dell’educazione. Il bene più grande: quello della Pasqua di Gesù, che ci ricorda che il male non ha l’ultima parola e rende possibile tutti gli altri beni.

Ma oggi è anche la festa di S. Giuseppe: per questo vi chiedo di fare gli auguri bene al vostro papà del giorno della sua festa. E se per N motivi il dialogo con lui si è interrotto approfittiamo di questi giorni per riallacciarlo: ne vale la pena!

Vi lascio con una preghiera che mi è piaciuta molto:

IO RESTO A CASA SIGNORE!

Io resto a casa, Signore! Ed oggi mi accorgo che, anche questo, me lo hai insegnato Tu rimanendo, in obbedienza al Padre, per trent’anni nella casa di Nazareth in attesa della grande missione.

Io resto a casa, Signore! E nella bottega di Giuseppe, tuo e mio custode, imparo a lavorare, ad obbedire, per smussare gli spigoli della mia vita e approntare un’opera d’arte per Te.

Io resto a casa, Signore! E so di non essere solo perché Maria, come ogni mamma, è di là a sbrigare le faccende e a preparare il pranzo per noi, tutti famiglia di Dio.

Io resto a casa, Signore! E responsabilmente lo faccio per il mio bene, per la salute della mia città, dei miei cari, e per il bene di mio fratello che Tu mi hai messo accanto chiedendomi di custodirlo nel giardino della vita.

Io resto a casa, Signore! E, nel silenzio di Nazareth, mi impegno a pregare, a leggere, a studiare, a meditare, ad essere utile con piccoli lavoretti per rendere più bella e accogliente la nostra casa.

Io resto a casa, Signore! E al mattino Ti ringrazio per il nuovo giorno che mi doni, cercando di non sciuparlo e accoglierlo con stupore come un regalo e una sorpresa di Pasqua.

Io resto a casa, Signore! E a mezzogiorno riceverò di nuovo il saluto dell’Angelo, mi farò servo per amore, in comunione con Te che ti sei fatto carne per abitare in mezzo a noi; e, affaticato per il viaggio, sitibondo Ti incontrerò presso il pozzo di Giacobbe, e assetato d’amore sulla Croce.

Io resto a casa, Signore! E se a sera mi prenderà un po’ di malinconia, ti invocherò come i discepoli di Emmaus: Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto.

Io resto a casa, Signore! E nella notte, in comunione orante con i tanti malati e le persone sole, attenderò l’aurora per cantare ancora la tua misericordia e dire a tutti che, nelle tempeste, Tu sei stato il mio rifugio.

Io resto a casa, Signore! E non mi sento solo e abbandonato, perché Tu mi hai detto: Io sono con voi tutti i giorni. Sì, e soprattutto in questi giorni di smarrimento, o Signore, nei quali, se non sarà necessaria la mia presenza, raggiungerò ognuno con le sole ali della preghiera.