L’editoriale del Rettore – Notiziario dicembre 2021

Tempi di scuole aperte in vari giorni e orari, open day in presenza e virtuali, caccia grossa a informazioni di parenti e amici, confronti con i punteggi Eduscopio, concorrenza fra istituti… con un po’ di nostalgia per Exposcuola, la rassegna, ora bloccata dal Covid, che in fiera a Padova faceva incontrare un gran numero di ragazzi e famiglie. Il Barbarigo è molto soddisfatto per le presenze ai due open day di ottobre e novembre, tanto numerose da dover aggiungerne uno di straordinario in dicembre; e l’ultimo appuntamento sarà in gennaio.

Dedico alcune righe allora ai punteggi Eduscopio, nuova “bibbia” per la scelta della scuola superiore. Bisogna sapere che queste “classifiche” si basano sulla carriera universitaria (o anche lavorativa per i tecnici) degli studenti usciti dalle scuole superiori, in modo da valutarne il livello di preparazione offerto. In rapporto al rendimento universitario vengono considerati la media ponderata dei voti negli esami e la percentuale di crediti conseguiti sul totale previsto in un dato lasso di tempo.

Un metodo opinabile – cioè sul quale si può discutere – ma che, come le classifiche in generale, pare piacere a molti, anche se alcuni fattori vengono trascurati: per esempio, il tasso di dispersione degli alunni durante gli anni delle superiori. Se il mio istituto “sega” il 30% (o più) di quanti erano partiti in prima superiore, è chiaro che i “sopravvissuti” che escono in Quinta probabilmente faranno bene all’università. Ma così si fa davvero il bene di tutti i ragazzi? E chi pensa a dove finiscono gli “scartati”?

Non è possibile valutare poi le condizioni di partenza degli studenti (cioè quanti partono da 10 e quanti da 6 o da 4) e quindi apprezzare quanto ogni scuola sa far crescere le persone: questi dati, che l’Invalsi ormai può mettere a conoscenza, darebbero il vero valore formativo di ogni scuola.

In conclusione, può essere utile confrontare i punteggi assegnati alle varie scuole ma è indispensabile sentire più “campane”: incontrando le persone, informandosi sui POF (progetti formativi), soprattutto chiedendo… Il ragazzino di 10 anni o l’adolescente di 15 è lui/lei al centro della scuola? C’è attenzione vera alla persona, a tutte e a ciascuna? Anche a quella con qualche bisogno educativo speciale (BES)? Si lavora in serenità o in continuo “stress produttivo”?

Gli studenti non sono i calciatori che devono far vincere lo scudetto, ma il fine dell’azione educativa: anche quando non segnano tanti gol o sbagliano un rigore. Anche quando non riescono a sentirsi squadra o fanno autogol.

don Cesare Contarini

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